Piante medicinali

La forza curativa, la letalità, la misticità delle piante medicinali sono state sperimentate e provate dall’uomo sin dai tempi più antichi. Si hanno notizie dell’uso delle piante medicinali da sempre. Ci sono pervenute ricette mediche a base di erbe dall’Antica Grecia e dai Romani. Sono noti e studiati gli scritti del famoso medico greco Ippocrate, lo stesso del “giuramento di Ippocrate” dei medici odierni. Scritti nei quali si descrive quali piante e come usarle per le singole afflizioni umane. Oppure quelli di Teofrasto, il primo a classificare le piante e i loro usi terapeutici.

Di un certa rilevanza storica è la Scuola medica salernitana, prima e più importante “università” medica d'Europa del IX secolo. Nel 1500, una sterzata all’uso delle piante mediche in campo medico fu dato da Pietro Andrea Mattioli, un luminare dell’epoca, che scrisse anche un trattato di medicina e botanica, ... continua


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      prosegui ... , che per molto tempo rimase un testo di riferimento.

      Dal 1800 fino alla fine del 1900, la scoperta di nuove tecniche e possibilità di utilizzare la chimica di sintesi, sostituì l’utilizzo delle erbe, relegandole in secondo piano. Fino, come detto ad inizio articolo, a giorni nostri quando sono state riscoperte.Dagli anni novanta ad oggi, il mondo del mercato ha visto un improvviso aumento dell’interesse del consumatore verso la natura e il naturale; questa tendenza ha coinvolto, come una marea in piena, anche il campo erboristico. Curarsi con le piante è stato visto come un avvicinarsi alla natura, ovviamente, ma anche come il modo più sicuro di prendersi cura si se stessi, senza dover dipendere dai farmaci di produzione industriale, che al contempo stesso venivano ingiustamente demonizzati.

      Sono quindi tornate alla ribalta le piante medicinali. Ma cosa sono esattamente queste piante?

      Genericamente si raggruppano sotto questa definizione tutte le piante che bene o male vantano qualche proprietà benefica o che vengono vendute nelle erboristerie. Più specificatamente ciò non corrisponde alla verità, o almeno a quella stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Ministero della Salute italiano.

      L’OMS, che cerca di dare delle linee guida generali e specifiche per tutti i Paesi, definisce la pianta medicinale come quella pianta o erba che possiede in uno dei suoi organi (radici, corteccia, foglie, fiori o frutti) singole sostanze o un insieme di più sostanze (fitocomplesso) in concentrazioni tali da riuscire ad interagire o interferire direttamente con i processi fisiologici del nostro organismo, facendo si che possano essere utilizzate per trattamenti terapeutici di malattie o per la produzione di farmaci. Oppure che il loro principio attivo abbia una minima differenza tra dose terapeutica e dose letale tale che il loro utilizzo “casalingo” risulti essere rischioso.Anche il Ministero della Saluta italiano adotta grosso modo la stessa definizione e in aggiunta ha anche deciso di stilare un apposito elenco di queste piante medicinali, il famoso allegato A, attribuendo a queste piante la qualità di specialità medicinali e prodotti galenici, il cui esclusivo uso è assegnato ai farmacisti o ai medici. Fin qui non ci sarebbe niente di illogico e sbagliato, se non che farmacisti e medici non hanno alcuna conoscenza su qualsivoglia tipo di pianta e loro uso, se non hanno frequentato corsi specifici per propria passione o dedizione al lavoro. Dall’utilizzo di queste piante, invece, vengono esplicitamente esclusi gli erboristi laureati, che al contrario sanno cosa utilizzare e per quale malattia, pur sapendo bene che a loro è precluso l’uso delle piante medicinali.

      Giusto per farvi un esempio delle piante medicinali, nell’elenco A sono inserite piante come lo stramonio, la noce vomica e l’assenzio maggiore, che sebbene abbiano i loro benefici, la loro tossicità è tale che nessuno la userebbe o prescriverebbe per curare.

      Però tra di essi troviamo anche piante come il colchico, la digitale e l’efedra; tutte piante molto utili per varie patologie, ma che sono più indicate per l’estrazione dei loro principi attivi e quindi la preparazione di farmaci con titolazione nota (concentrazione precisa del P.A.), che l’utilizzo come tisane o compresse poiché è difficile stabilire la concentrazione effettiva presente nell’organo vegetale che si va ad utilizzare. Se poi provengono da coltivazioni diverse, con diversi tipi di terreno e clima, allora risulta pressoché impossibile, determinando la conseguente inaffidabilità della cura.Infine troviamo piante usate da sempre, anche in medicina popolare, come l’aloe, la valeriana, l’iperico e l’arnica che seppur inserite in questo elenco vengono comunque vendute e preparate come preparazioni erboristiche. Non si tratta di violazione di legge, in quanto questa stabilisce le concentrazioni minime del principio attivo per il quale si hanno effetti diretti sull’organismo. Percui sotto questa soglia, secondo la gli studi scientifici, su cui si basa la Legge, non hanno effetto e possono essere venduti e trattati anche dalle erboristerie. Ma chi ha studiato bene le piante e soprattutto chi le ha provate di persona, sa bene che gli effetti benefici, non importa se terapeutici diretti o no, li apportano eccome!

      La giurisprudenza delle piante medicinali, come si può intuire è molto… “all’italiana”. Si pensi che la prima e unica vera regolamentazione, ancora oggi in vigore, risale a leggi fasciste del 1927 e del 1934. Ed dagli anni ’80 ad oggi, sono stati fatti solo piccoli interventi per lo più limitanti l’uso di nuove specie o di specie usate da tempi immemori solamente da realtà circoscritte, ma che oggi, con la globalizzazione, vengono portate alla conoscenza di tutti. La spinta a questo tipo di leggiferazione, non del tutto errata data la potenzialità letale di talune piante, si presuppone che provenga dalle lobby farmaceutiche/mediche, più che da una vera e propria volontà di studio scientifico e quindi di regolamentazione del campo fitosanitario.Un discorso a parte meriterebbero le piante mediche ad uso, per così dire, mistico. Cosi come venivano usate per curare le malattie, altrettanto frequentemente venivano usate da sciamani e sacerdoti per entrare a contato con gli dei, il futuro, la verità… Non a caso tra le piante medicinali, ne esistono alcune con potenti effetti psicoattivi che dando alterazioni degli stati mentali con stati di allucinazione o estrema euforia, per citarne alcuni.

      Col passare dei secoli, l’uso mistico religioso è scomparso, pur permanendo in alcune tribù poco toccate dal progresso, ma non è calato l’uso di queste piante, che si è voluto in quello artistico-sociale. Tra questi il più famoso è forse l’assenzio, che per anni è stato usato per creare l’omonima bevanda alcolica (allora allucinogena), trovano tra la seconda metà del 1800 e i primi del 1900, numerosi estimatori tra i più grandi artisti, quali Vincent Van Gogh, Oscar Wilde, Toulouse Lautrec ed Ernest Hemingway.

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