Tisane

La preparazione farmaceutica più utilizzata in campo erboristico, ma anche in quello culinario, è senza dubbio la tisana.

La tisana, per quanto il suo significato e utilizzo sia ormai familiare a tutti, è inserita nella Farmacopea Ufficiale, ovvero il testo legislativo che elenca le disposizioni tecniche e amministrative, permettendo così un rigido e severo controllo della qualità dei medicamenti e preparati finali (sia dei farmaci sintetici sia di alcune piante), indicando pure i metodi da utilizzare per la verifica della qualità, quelli di preparazione, finanche quelli della formulazione.

Ciò significa che alcuni tipi di tisane, quelle che per l’appunto sono inserite nella Farmacopea Ufficiale, che viene aggiornata ogni cinque anni, devono essere preparate nella maniera li descritta e nelle quantità stabilite. Certo è che queste norme si applicano ai farmacisti per le preparazioni estemporanee e per le industrie, ... continua


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      prosegui ... , che poi venderanno al pubblico le loro preparazioni, ma non al comune cittadino, sebbene male non gli farebbe seguire le indicazioni e le quantità dettate nella Farmacopea stessa.

      Tornando alla nostra tisana, questa è non è altro che l’estrazione dei principi contenuti in una o più parti di piante principali, a cui si ne possono aggiunge altre per correggerne il colore e/o il sapore, tramite la loro immersione per un periodo più o meno lungo in una certa quantità di acqua che può variare di temperatura. Quello che otterremmo non sarà altro che una soluzione acquosa diluita contenete i principi estratti dalle piante della nostra miscela.

      Ora, il fatto di avere un periodo più o meno lungo e una temperatura dell’acqua variabile, ci pone di fronte a diversi tipi di tisane. E per la precisione si avranno infusi, decotti e macerati.

      Qui è doveroso aprire una parentis al riguardo dei termini tisane e infuso. Nel linguaggio comune c’è molta confusione nell’utilizzo dei termini di infuso e tisana, che spesso vanno a sovrapporsi fino a diventare alle volte dei veri e propri sinonimi. Infatti si tende a differenziare tisana e infuso solo per la tempistica di immersione nell’acqua, in quanto l’infuso, conterrebbe solo parti tenere della pianta come foglie e fiori, e abbisogna di meno tempo di una tisana che invece conterrebbe anche parti più dure come pezzetti di rami o cortecce. Altre volte invece si usano i due termini indifferentemente senza alcuna distinzione, altre ancora il termine di infuso viene usato quando si utilizza una solo specie di pianta, mentre la tisana viene usata quando si usa una miscela di più erbe.

      Qualunque sia il significato che vogliamo attribuire alla parola, sta di fatto che l’infuso è la bevanda estemporanea più preparata in casa, dalla mattina alla sera. Chi non conosce il thè, profumata bevanda dorata, che si può degustare a colazione e a merenda? Oppure la camomilla, che invece rappresenta l’eccellenza tra le tisane rilassanti, che conciliano il sonno?

      La sua così grande diffusione sta non solo nelle molteplici funzioni che può svolgere ma anche nella facilità della sua preparazione.

      Facile e veloce da preparare, gustosa da bere e con un più ampio range di utilizzo. Ma soprattutto perché le maggior parte dei principi attivi sono tremolabili, che vuol dire che si degradano con il calore, e si trovano in parti delle pianta delicate come i fiori, i semi o frutti. Per cui la tisana migliore da usare in questi casi risulta essere l’infuso.

      Alle volte, e non certamente cosi raramente come si può pensare, se i principi attivi non sono termolabili si può usare il decotto. In questo caso vengono estratti più sostanze dalla nostra miscela, cercando di riprodurre il fitocomplesso (che nel suo complesso è più potente rispetto al singolo principio attivo). Questa tecnica si utilizza anche quando ci si trova a dover adoperare organi vegetali più resistenti come le radici, le cortecce e il legno.

      Se invece i principi attivi che vogliamo estrarre sono termolabili e si trovano in organi “duri” e resistenti come le radici, le cortecce e il legno, si sfrutta la macerazione, ovvero la semplice immersione della nostra materia prima in un liquido che può essere acqua, alcol, glicerina o una miscela dei tre componenti. Col macerato si deve aspettare un periodo più lungo, che può variare dalla settimana al mese, per cui non è il meno usato nell’erboristeria, mentre ha una certa valenza nella fitoterapia. In compenso è una tecnica che la liquoreria sfrutta al massimo per la creazione di liquori ed elisir a base di pianta singola o miscela di queste (Fernet, Cynar, Montenegro). È la stessa tecnica che viene usata da chiunque ami prepararsi da se il proprio mirto o limoncello.Data la sua natura per lo più acquosa, la tisana risulta essere una preparazione estemporanea di breve durata. Il preparato non può durare a lungo, massimo due giorni, meglio se conservata in frigorifero. Se invece si tratta di una preparazione a base alcolica o glicerinato allora la sua conservazione può allungarsi fino al mese, anche se è sempre meglio, se si ha la possibilità, di preparare la tisana al momento di consumarla.

      Ma quando si assumono le tisane? Sempre. Esistono tisane per ogni occasione. Se vogliamo rilassarci o aumentare l’attenzione e lo stato di veglia, per facilitare la digestione o l’evacuazione o la minzione. Non ci sono particolari controindicazioni di assunzione, se non quelle riguardanti particolari allergie personali e sensibilità a determinati principi, come ad esempio gli eccitanti contenuti per esempio nelle preparazioni con the o guaranà.