Dato che la maggior parte delle riserve di vitamina D risiedono degli alimenti di origine animale, coloro che seguono diete particolari come quella vegana o vegetariana sono, nella maggior parte dei casi, degli individui che ne presentano carenza. Rispetto ad altre vitamine, però, la vitamina D non deve necessariamente essere acquisita attraverso l’alimentazione: essa può essere sintetizzata dal colesterolo con l’esposizione solare a livello cutaneo. Non è ben chiaro a quanto ammonta il tempo di esposizione al sole necessario per la sintesi di vitamina D. Grosso modo, si pensa che un tempo che va dai 5 ai 30 minuti nelle ore di maggior calore della settimana possa bastare per attivare questo processo. Tutto ciò si rivela utile se avviene per almeno due volte a settimana. Purtroppo per, la presenza di inquinamento e di pulviscolo atmosferico, sommato all’utilizzo di creme solari con fattore di protezione superiore a 8 possono produrre un impedimento al processo di sintesi. È chiaro che non in tutti i periodi dell’anno è possibile esporsi al sole, ma il nostro organismo è in grado di immagazzinare la vitamina D prodotta durante i mesi di maggiore esposizione solare e utilizzarla nei mesi autunnali e invernali quando si è maggiormente coperti per il clima più rigido.
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All’interno degli integratori, la vitamina D è presente in due forme chimiche distinte: la Vitamina D2, anche detta ergo calciferolo e la vitamina D3 o colecalciferolo. La prima è di origine vegetale e fungina, mentre la seconda di origine animale. La vitamina D è fondamentale per le ossa e, infatti, interviene nel processo di mineralizzazione delle ossa e di omeostasi della calcemia. Prima di essere attivata però, subisce due processi di idrossilazione, prima nel fegato e poi nei reni. Gli integratori di vitamina D sono consigliati nei casi in cui la carenza della sostanza sia causata da alcuni fattori come un’alimentazione povera di vitamina D, problemi di assorbimento della sostanza a livello intestinale, patologie ai reni, una scarsa esposizione al sole. la carenza de3lla vitamina D nel bambino può portare a fenomeni di rachitismo mentre nell’adulto viene ostacolato o reso più complesso il processo di mineralizzazione delle ossa comportando delle malformazioni allo scheletro. Alcuni individui sono maggiormente esposti a un deficit di vitamina D: tra questi individui vi sono, in particolare, quelli che hanno la pelle scura, in quanto la melanina impedisce e riduce la sintesi di vitamina D a livello cutaneo. Come detto precedentemente coloro che seguono una dieta vegana o hanno particolari allergie effettuano un’alimentazione povera di vitamina D. Anche gli obesi presentano deficit di vitamina D dato che è assorbita dal tessuto adiposo. Inoltre, chi presenta patologie che comportano un cattivo assorbimento dei grassi o una scarsa esposizione solare hanno necessità di integrare con prodotti esterni la vitamina D mancante. In genere, le donne in menopausa hanno particolarmente bisogno di integratori di vitamina D in aggiunta a integratori di calcio per evitare l’insorgere di osteoperosi.
Per quanto riguarda la vitamina D non è semplice capire a quanto ammonta il fabbisogno giornaliero a differenza delle altre vitamine e delle altre sostanze. In questo caso, dunque, vengono stabiliti i “livelli di assunzione adeguati”, ovvero la quantità di sostanza necessaria per mantenere le ossa in salute e scongiurare malattie che le indeboliscano: dall’infanzia fino ai 50 anni, in genere, questo valore gira intorno ai 5 mcg (200 IU). A partire dai 51 anni, la quantità di vitamina D adeguata cresce del doppio e il fabbisogno ammonta a 10 mcg (400 IU), mentre coloro che hanno più di 70 anni necessitano di 15 mcg (600 IU). In alcuni casi, vi può essere un sovradosaggio di vitamina D che può comportare fenomeni come vomito, debolezza, nausea, inappetenza, perdita di peso, depressione e aritmie cardiache nei casi più gravi. Inoltre un sovraddosaggio di vitamina D e di calcio possono provocare la comparsa di calcoli renali.
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