Tinture madri

Le tinture madri sono delle preparazioni liquide che vengono usate cosi come sono state prodotte, ma vengono utilizzate anche per la preparazione di prodotti omeopatici (classificazione alla quale non appartengono, in quanto sono piuttosto preparati erboristici).

In Italia, la Farmacopea Ufficiale non ha decodificato alcuna norma su come produrre le tinture madri, per cui ci si attiene a quanto descritto in quella tedesca o francese.

Sono infatti i nostri vicini teutonici e gallici che nel tempo si sono applicati maggiormente allo studio di tutti i tipi di produzione di preparati derivati dalle piante. Tant’è che sono i due paesi mondiali dove la fitoterapia (intesa sia come erboristeria pura che come utilizzo di principi attivi estratti dalle piante) e l’omeopatia hanno una diffusione comparabile a quella dei farmaci di sintesi prodotti in laboratorio. Ed essi non hanno trascurato nemmeno la tintura madre.

Una caratteristica della tintura madre è la materia di partenza, ... continua


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      prosegui ... , che a differenza di molte altre tecniche estrattive, è quasi esclusivamente utilizzata da fresca e non da essiccata. Il ricorso alla pianta essicca si ha solamente quando è indispensabile, come quando, ad esempio, il trasporto del materiale fresco dal luogo di raccolta a quello di lavorazione è talmente distante da poter compromettere l’utilizzo del vegetale per via di trasformazione chimiche, come le ossidazioni.

      La pianta deve essere raccolta nel suo habitat naturale, quindi si tende a scartare quelle che provengono dalle culture in serra, e si predilige lo spontaneo. Però la raccolta dello spontaneo porterebbe alla messa a rischio di estinzione della pianta stessa, quindi la provenienza principale delle piante per la produzione della tintura madre arriva dalle coltivazioni in campo aperto. Preferibilmente da colture biologiche, che non utilizzano sostanze insetticide o concimi chimici, se non quelli approvati e consentiti dalla normativa sul biologico.Secondo la farmacopea francese, una volta che viene raccolta la pianta, questa deve essere posta a macerazione nel giro di poche ore. Il solvente indicato è l’alcool etilico con una gradazione che varia tra il 95%, di quello puro, e l’ 80% (ciò vuol dire che si devono miscelare 15 parti di acqua con 80 parti di alcool a 95%). Il macerato, che deve essere mantenuto a bagno per tre settimane esatte con periodici rimescolamenti, viene poi messo a decantare e filtrato. Poi è spremuto a fondo in un recipiente separato. Questo liquido viene anch’esso filtrato prima di essere riunito a quello precedentemente messo da parte. Infine si porta la tintura madre ad una gradazione alcolica più accettabile, tra i 40% e i 75%.

      Nella farmacopea tedesca, invece, la tintura madre si prepara con la diluizione del succo di spremitura della pianta fresca con un ugual peso di alcool etilico all’ 83%. Tale diluizione dovrà portare il grado alcolico della tintura madre ad un grado alcolico non inferiore al 43%.

      Esiste però una condizione imprescindibile per la quale una tintura viene definita come tintura madre. È quella del rapporto tra la droga e la tintura stessa. Infatti questo loro rapporto deve essere di 1:10, ovvero per un grammo di droga, che però è calcolato quando questa è essiccata, devono corrispondere 10 millilitri di tintura, ovvero bisogna utilizzare 10 millilitri di solvente.

      Questo rapporto non può variare se si vuole definire madre la tintura, altrimenti si avrebbero altre forme. Ad esempio la tintura come tale, definita anche come tintura officinale, ha un rapporto droga secca:tintura di 1:5; è cioè più concentrata rispetto alla madre (ma anche ottenuta direttamente da droga secca e non fresca); mentre se il rapporto dovesse essere di 1:1 allora abbiamo quello che si definisce estratto fluido.

      Purtroppo questi fattori di differenza sono anche quelli sui quali si basa chi sofistica queste preparazioni. Infatti è facilmente intuibile come da un estratto fluido o un tintura officinale si possa ottenere una tintura madre semplicemente aggiungendo del solvente e portando il rapporto in questione da 1:1 e 1:5, a quello che determina una tintura madre, cioè 1:10.

      Sebbene sia la materia di partenza, cioè se la droga è secca o fresca, che fa la differenza tra le due tinture, una volta che ci troviamo di fronte dei campioni da analizzare è pressoché impossibile determinare quale delle due sia stata utilizza.Un altro limite della tintura madre sta nel fatto che, non dovendo seguire alcuna norma, spesso non vengono né titolate né standardizzate, quindi si può incappare in una tintura madre della stessa pianta ma di due società diverse, che se analizzate, presentano quantità di principi attivi decisamente diversi. Tuttavia oggi si sta cercando di standardizzare la produzione europea di tinture madri secondo i criteri dettati dal metodo francese, che ha decodificato anche le metodologie di controllo finale.

      La quantità di principi attivi, comunque, sarà per entrambi i casi una concentrazione alquanto bassa in rapporto all’alto quantitativo di soluzione nella quale si trovano dispersi. Il che significa che il loro potere curativo è piuttosto blando.

      L’assunzione delle tinture madri avviene per via orale, in maniera diretta o diluendo, se si preferisce, diverse gocce in un bicchiere d’acqua liscia, non è consigliata quella gassata. Si può deglutire all’instante, me visto il basso contenuto di principi attivi è consigliato tenerla in bocca per un trenta secondi – un minuto, al fine di permettere un assorbimento diretto attraverso i capillari sublinguali.

      Purtroppo l’alto contenuto alcolico né limitano l’uso diretto, che è vivamente sconsigliato se si appresta a mettersi alla guida da li a poco. Infatti se si venisse sottoposto al test dell’etilometro non sarà una sorpresa risultare positivi, medicina o non medicina. Però la presenza di una gradazione alcolica così alta ha anche il vantaggio di permettere una lunga conservazione, permettendo alle tinture madri di durare fino a cinque anni, se ben conservate in flaconi ben chiusi (in quanto l’alcool tenderà ad evaporare).