Papavero da oppio

Caratteristiche della pianta

Al giorno d’oggi il papavero ha una reputazione non proprio invidiabile. Nonostante ne esistano diverse specie, è un bel fiore e in un qual modo anche utile, il fatto che da esso si ricavi l’oppio, dal quale a sua volta si ricava l’eroina, una delle peggior droghe naturali conosciute, lo ha relegato nelle lista mondiale delle piante la cui coltivazione è praticamente proibita.

Sono due le specie di maggior importanza. La prima, che verrà trattata più avanti, è il Papaver somniferum L., ovvero il papavero da oppio. Mentre l’altra, alla quale sarà dedicato un articolo a parte, è il Papaver rhoeas L., ovvero il rosolaccio, che viene utilizzato in erboristeria.

Il Papaver somniferum è stato per lungo tempo una delle medicine più usate al mondo, pur conoscendone gli effetti stupefacenti. Dopo che sono state scoperte e isolate le molecole attive, si è iniziato ad estrarre la codeina e morfina, i due potenti analgesici usati fino a pochi anni fa durante le operazioni chirurgiche, ora relegati quasi esclusivamente contro il dolore negli stadi terminali dei pazienti oncologici.

È anche chiamato papavero indiano, per distinguerlo dal rosolaccio, mentre nei dialetti regionali non vi è distinzione tra l’uno e l’altro: papola, papavero bianco, sdormia, popolana,papambrele, paprina, cucuzzeddi di sonnu, papurru.

Anche in lingua straniera esiste un termine unico per indicarli entrambi. Altrimenti bisogna specificare: pavot somnifere in francese, opium poppy in inglese, schlafmohn in tedesco, amapola in spagnolo.

È una pianta erbacea annua, di colore verde scuro, che raggiunge il metro di altezza.

Ha una radice fusiforme piuttosto piccola e gracile, mentre il fusto eretto e cilindrico risulta ben più robusto.

Le foglie sono il principale organo da cui si può riconoscere. Sono alterne e ondulate, di forma ovale oblunga, avvolte attorno al caule (amplessicauli) e con margine dentato irregolare per quelle superiori. Quelle inferiori invece sono pennatosette con segmenti acuti e picciolate. In entrambe è evidente nella pagina inferiore una nervatura centrale pronunciata.

I fiori sono di colore bianco, rosa – violaceo, lilla con macchie scure alla base. Sono grandi e solitari, portati all’estremità del fusto o dei pochi rami presenti. Presentano 2 sepali, che cadono all’apertura della corolla, formata da 4 petali.

Il frutto è una capsula poricida (che si apre per mezzo di un poro posto al di sopra della capsula), che si apre a maturità liberando numerosi semi. Questi sono in numero molto elevato, piccoli e di colore variabile.

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Coltivazione e origine

È una pianta di origine Orientale, probabilmente cinese, ma non si ha la certezza. Ampiamente coltivata nella “mezza luna crescente” in Afghanistan e il “triangolo d’oro” cioè l’ampia regione compresa tra Birmania, Laos, Thailandia e Vietnam. Sebbene in molti di questi paesi sia proibità la coltivazione, i poveri contadini preferiscono rischiare poiché hanno ricavi ben più alti rispetto a grano, cerali o altre colture.

In Europa esistono alcune coltivazioni legali, per scopi medici o di ricerca.

Cresce spontanea nei campi, nei luoghi incolti, fino alle zone montane.

Il terreno povero e arido non sembra essere un deterrente alla sua crescita, ma ovviamente la concentrazione dei principi attivi risulterà molto scarsa.

Parti utilizzate

Si utilizzano le capsule, le quali vengono incise con delle lamette per permettere la fuoriuscita di un latice, l’oppio grezzo, che una volta rappreso viene raccolto con delle spatole.

tecniche di raccolta

La tecnica di raccolta delle capsule e dell’oppio avviene solamente a mano. Si passa più volte in campo. Una prima volta per incidere le capsule, una seconda per raccogliere il latice rappreso. A volte, se il clima è adatto, come in Afghanistan, si possono fare anche due o tre incisioni all’anno.


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Proprietà e uso nella storia

Era conosciuto e consigliato da Ippocrate per diverse malattie, senza alcuna avvertenza sulla sua pericolosità che però non tardo ad arrivare, grazie all’opera di Erasistrato (circa 100 anni dopo Ippocrate). Anche Plinio il Vecchio e Dioscoride ne vantavano le proprietà ma al contempo stesso avvertivano di non abusarne.

L’uso più intenso del papavero da oppio fu fatto nel Medioevo, tanto che si arrivò ad usarlo anche come clistere, provocando spesso la morte dei pazienti. Si dice che Paracelso, medico e alchimista degli inizi del 1500, morì per intossicazione da oppio.

Nell’anno 1000 circa sia gli arabi che i cinesi ne fecero ampio uso. Per gli arabi, l’artefice della sua diffusione fu Avicenna, medico, filosofo, matematico e fisico persiano. In Cina, iniziarono con la preparazione dei dolci, fino a spingersi a fumarlo (1600) al posto del tabacco, che era stato proibito per decreto imperiale.

Nel secolo scorso invece era di moda l’uso del Laudano, preparazione alcolica fatta con la macerazione di polvere di oppio, cannella, zafferano e chiodi di garofano in alcol o vino. Il suo uso era ampiamente diffuso nei campi di battaglia, per lenire i dolori da armi da fuoco, per esempio fu usata ampiamente durante la guerra di secessione americana. Cosi come i medici americani in Vietnam usavano l’oppio per curare i feriti, che a volte ne diventavano dipendenti, tossicodipendenti.

Oggi il Laudano rientra tra le preparazione eroiche della farmacopea ufficiale italiana, tabella I, sezione A degli stupefacenti. Ciò significa che solamente sotto ricetta medica può essere somministrato e non deve contenere più del 1% di morfina, ovvero circa 10% di oppio.

descrizione dei principi

attivi

I principi attivi più attivi sono principalmente alcaloidi, come la morfina, la codeina, papaverina, narceina e la tebaina. Tutte iscritte nella farmacopea, che ne regola dosaggi e utilizzo sotto prescrizione scritta del medico.

La papaverina a differenza delle altre non è stupefacente, ma solo proprietà spasmolitiche. Cosi come la narcotina è un becchico.


Papavero da oppio: Benefici e avvertenze

Analgesico – stupefacente

Il principale uso è quello antidolorifico, azione tanto potente da essere usata anticamente contro le ferite da arma da fuoco e oggi contro i dolori dello stadio terminale del cancro. L’azione analgesica della morfina, e in seconda istanza della codeina, però ha anche effetti stupefacenti, agendo sulla corteccia cerebrale e sui centri del dolore.

Eccitante – depressivo

Piccole dosi di oppio provocano stati di eccitazione, benessere ed euforia, che però non possono essere utili nel combattere la depressione poiché subito dopo si ha un abbattimento, che aggraverebbe la crisi depressiva nel paziente.

Bechico antitussivo

Il papavero ha anche azione anti tosse. Sono diversi i principali responsabili, che però portano anche al rallentamento della respirazione e morte per asfissia. Come miglior principio attivo antitosse (oltre a morfina) c’è codeina che però da dipendenza, meglio allora sarebbe la narceina o la narcotina, che non danno dipendenza. Purtroppo parlando di fitocomplesso e non di singole molecole, il papavero non può essere usato a tale scopo.

Prodotti in commercio

In commercio esiste ancor oggi il Laudano, ma è vendibile esclusivamente sotto ricetta medica, cosi come altri preparati a base di oppio o che lo contengono.

Controindicazioni

Tutti i preparati con Papaver somniferum sono stupefacenti e danno dipendenza.

Avvertenze

Coltivare il Papaver somniferum è reato, cosi come comprare o vendere prodotti da esso derivati senza le regolari autorizzazioni.



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