Alchechengi

Caratteristiche e origine della pianta

Il Physalis alkekengi L. è una pianta perenne appartenente all’ordine delle Solanales, famiglia delle Solanaceae, la stessa dei pomodori, melanzane e altre piante usate in cucina.

Sono diversi i nomi che assume l’Alchechengi nelle varie località: chichingero, ciliegine, fiasche de corai, vingenze, Chichingi, Palloncini.

Il nome Physalis, deriva dal greco “vescica”, per il fatto che ha azione soprattutto nell’apparato urinario.

Si presenta con una radice rizomatosa e con i fusti sottili e flessibili, le permettono di formare un cespuglio rigoglioso alto all’incirca 60- 70 cm, ideale per gli ornamenti dei giardini.

Le foglie ovali, alterne e picciolate, sono ricoperte da una leggera peluria.

I fiori sono piccoli e di colore bianco e fioriscono tra luglio e agosto.

I frutti sono delle bacche tondeggianti che, una volta mature, assumono una tonalità di colore rosso-arancio; protetti esternamente da un calice rossiccio semitrasparente che permane sulla pianta per lungo tempo. Per questa loro forma particolare vengono anche chiamate “lanterne cinesi”.

Il sapore di queste bacche è leggermente acidulo

I semi di colore giallo-paglierino, numerosi e piccolissimi sono contenuti all’interno delle bacche.

L'Alchechengi è il frutto annuale di una pianta diffusa in tutti i continenti.

Notizie antiche di questa pianta si possono ritrovare in più continenti, tant’è che anche i botanici si trovano in disaccordo: alcuni indicano l'America del sud, altri l'Europa, altri ancora la Cina o il Giappone. Però dato che si è appurato che anche gli Inca conoscevano e utilizzavano questa pianta, è probabile che sia di origine americana.

Pianta dell'alchechengi

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Coltivazione e raccolta

Frutto dell'alchechengi Cresce spontaneamente nei boschi, siepi incolte, ai bordi delle strade, dalla pianura sino a circa 1000 metri di altitudine.

Coltivato come pianta ornamentale in molte regioni d'Italia, in modo particolare dove il clima è mite e le temperature difficilmente scendono sotto lo zero, l’alchechengi si propaga per seme, sia in semenzaio che in campo aperto.

Come pianta soffre molto il ristagno idrico, soprattutto durante il periodo della germinazione;

le giovani piantine vanno poi tenute al riparo del sole, in semi ombra, mai tenute a irraggiamento solare diretto e possono essere trapiantate in piena terra ad aprile inoltrato, cercando di scegliere delle zone riparate dai venti.

Non ha particolari preferenze al tipo di terreno; è sufficiente che questo sia ben drenato e ricco di potassio. In caso di eventuali ristagni idrici dannosi, è possibile aggiungere al substrato della sabbia, che facilita così il drenaggio.

I frutti dall’alchechengi, la sua droga vegetale ovvero le bacche, prive del peduncolo e del calice avvolgente, si raccolgono ad agosto, periodo in cui matura il frutto. Possiedono un sapore acidulo ma gradevole da freschi; sono ricchi di carotenoidi e vitamina C.

Una volta raccolte le bacche di Alchechengi vengono essiccate al sole, sviluppando un gusto robusto e complesso, che ricorda quello degli agrumi, visto il grande contenuto in vitamina C.


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    Proprietà e uso nella storia

    Le origini dell’Alchechengi sembrano risalire a migliaia di anni fa: i primi utilizzatori furono gli Inca: le bacche essiccate venivano usate sia a scopo alimentare che medico.

    Dioscoride sosteneva che avrebbero curato l'epilessia.

    Il medico Arnaldo da Villanova intorno al 1300 consigliava i frutti dell’alkekengi per combattere la ritenzione urinaria.

    Nel XIX secolo si utilizzava per il trattamento di alcune forme reumatiche, in particolar modo contro la gotta.

    In cucina le bacche si possono mangiare fresche, ma vengono anche preparate candite o ricoperte di cioccolato, allora così come oggi.

    La ricchezza di pectina, sostanza che da consistenza gelatinosa, lo presta bene alla preparazione di marmellate e gelatine.

    Principi attivi: tannini, ferro, niacina e provitamina A, acido citrico, principi amari come la Physalina.


    Benefici

    Ha proprietà diuretiche e depurative: l’Alchechengi grazie ai tannini viene utilizzato soprattutto contro la ritenzione urinaria.

    Agisce anche sulle infiammazioni che interessano l’apparato urinario dovute a di nefriti, gotta, calcoli renali e vescicali.

    Le proprietà astringenti, invece, gli derivano dai tannini. Questa particolarità fa si che sia usato contro la diarrea.

    Il grande contenuto di vitamina C che possiede, il doppio di vitamina C rispetto ad un limone, gli permette di essere utilizzato come fitoterapico per la sostituzione degli integratori di vitamina C durante i raffreddori, e essere indicato anche per la somministrazione nei bambini.

    Anche se non è così pronta nella sua azione, come il solfato di chinino, la polvere di foglie e gambi è un febbrifugo prezioso contro la malaria. In questo caso bisogna che sia il medico a prescriverne il dosaggio sia perché si tratta di una malattia, sia per il fatto che le foglie contengono la solanina, alcaloide velenoso.

    Proprietà antiossidanti: cattura i radicali liberi, espletando cosi l’azione antitempo.

    Esternamente, il suo decotto è usato come impacco contro infiammazioni; basta far bollire in un litro d'acqua 100 grammi di frutti, applicare sulla zona interessata.


    Alchechengi: Prodotti in commercio e avvertenze

    Venduto per uso interno come frutti essiccati sfusi o già inseriti in tisane e infuso pronti all’uso.

    Si possono trovare anche tinture ed estratti secchi.

    Per uso esterno ci sono sempre i frutti essiccati pronti per un decotto da usare in applicazioni topiche su pelli arrossate.

    In cosmetica lo si usa come ingrediente per creme sempre per lenire le pelli arrossate.

    Controindicazioni: il rizoma e le foglie sono velenose per il loro contenuto in solanina.

    Evitare il consumo anche culinario se il soggetto presenta ipersensibilità verso uno o più componenti della pianta

    Avvertenze: utilizzare i frutti per cicli brevi per prevenire eventuali accumuli di alcaloidi.

    Porre attenzione se si stanno assumendo farmaci diuretici, per una possibile sommazione di effetti, con conseguenti alterazioni idroelettrolitiche.



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